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Alimentazione: quando diventa un problema

Psicologo Psicoterapeuta - Analista Reichiano

di Luca Giordani


 

Ogni organismo vivente ha bisogno dell’assunzione di cibo, sostanze come proteine, carboidrati, grassi, acqua, ecc. indispensabili per la sopravvivenza; questo processo è quello che noi chiamiamo “alimentazione”. È opinione ormai diffusa che per tutelare la salute ed avere una buona qualità della vita è indispensabile mantenere uno stile alimentare sano, ma non sempre ci risulta così semplice.

Basti pensare a come il verificarsi di un evento importante possa alterare il nostro equilibrio alimentare, come ad es. un esame universitario, la rottura di una relazione sentimentale, il matrimonio, lo stress, ecc… In queste situazioni la nostra alimentazione può subire uno scossone, aumentando o diminuendo a seconda della persona. Il nostro corpo e la nostra mente reagiscono, dunque, ad avvenimenti rilevanti della nostra vita e ciò che risulta ancor più interessante è che l’alimentazione e il peso rispondono ad uno stato emotivo.

Perché? Perché una persona quando interrompe una relazione sentimentale, ad esempio, dimagrisce molto o dopo il matrimonio tende ad ingrassare? Perché in situazioni di stress alcune persone aumentano il loro peso, altre invece lo diminuiscono?

Tutto deriva dalla nostra personalità, poiché mediante le fasi evolutive che abbiamo attraversato, vengono imprintati i nostri tratti caratteriali; è, dunque, la storia di ognuno di noi a definire i nostri tratti di carattere.

Come altri aspetti, quindi, anche l’alimentazione dipende dal nostro modo di essere e da come abbiamo attraversato le fasi evolutive della nostra vita.

Alimentazione e fasi evolutive

Lo scambio alimentare avviene sin dai primissimi istanti già attraverso il cordone ombelicale, per proseguire poi con l’allattamento e con lo svezzamento. Ne consegue, dunque, che il cibo assume una funzione fisiologica, biologica e, soprattutto, una valenza emozionale e relazionale.

Lo scambio intrauterino, l’allattamento e lo svezzamento, quindi, rappresentano fasi importanti per la costruzione del nostro carattere e l’alimentazione ha un ruolo centrale: diventa fondamentale il “come” vengono attraversate, vissute e superate queste fasi.

  • Una madre (ed una coppia) che, durante la gravidanza, ha desiderato fortemente il figlio/a, ha scambiato affetti ed emozioni che il piccolo ha tradotto come “accettazione”; diversamente, una madre che può aver avuto sentimenti contrastanti sul desiderio di avere suo/a figlio/a, può aver prodotto un senso di accettazione più incerto nel/la piccolo/a, con un possibile timore dell’essere escluso/a.

  • Allo stesso modo, l’allattamento (che consiste anche in uno scambio di sguardi ed affettività reciproca) può aver soddisfatto o meno il bisogno di “accudimento”; un allattamento troppo breve o che non ha avuto un coinvolgimento emotivo sufficiente da parte della madre, può produrre una difettualità o un’insoddisfazione, ma anche un eccessivo allattamento può procurare una difficoltà del piccolo nel separarsi.
  • Con l’arrivo dello svezzamento un/a bambino/a può, dunque, sviluppare un bisogno che non è stato pienamente appagato o che lo è stato fin troppo, andando a lasciare un segno nel carattere della persona in età adulta.

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Alimentazione ed emozioni

L’alimentazione assume, quindi, una valenza emozionale e relazionale e il cibo diventa strumento per appagare un bisogno oppure per rifiutare la relazione.

  • Se una persona ha vissuto una “difettualità” nel rapporto con la madre, derivante da uno scambio intrauterino o un allattamento insufficiente, la persona avvertirà di non aver avuto amore e calore materno pienamente appagante. Questo può portare a due tipi diversi di vissuto: un bisogno insoddisfatto oppure la necessità di distaccarsi prematuramente. Dunque, uno scambio relazionale madre-bambino insufficiente genera nel piccolo o un bisogno inappagato (quindi il ricercare nelle relazioni future ciò che non ha avuto in passato) oppure la necessità di doversi distaccare per non sentire quel vuoto (chiudendo e “svezzandosi” dalle relazioni in modo netto).
  • Al contrario, una persona che ha avuto una gravidanza che ha superato le 40 settimane o un allattamento molto lungo (abbondantemente oltre il processo di dentizione), avvertirà un disagio nel separarsi e nel costruire la propria identità, dato il troppo amore materno e la difficoltà a “lasciar andare” il/la piccolo/a, intrappolandolo/a e ostacolandone l’evoluzione-crescita (lo schema principale è caratterizzato da un’eccessiva dipendenza).

Tutto questo riverbera in età adulta, influenzando il comportamento alimentare, e l’alimentazione diventa, dunque, sinonimo di “relazione”.

Abbiamo, quindi, analizzato come vi possa essere un “difetto” nella relazione con la madre e come questo possa generare un “bisogno insoddisfatto” o una “rimozione” della relazione.

  • Nel caso di un bisogno insoddisfatto la persona sente “un vuoto da riempire” e ricerca nelle relazioni ciò che non ha avuto in passato; l’insoddisfazione si esprime nel bisogno dell’altro. Quando le nostre relazioni significative non riescono a spostarci da questo bisogno, il cibo diventa riparatore e veicola un godimento che ripaga, consola, premia. Questo può verificarsi, ad esempio, quando una persona interrompe la sua relazione sentimentale e inizia ad aumentare di peso: è rimasto un vuoto che viene colmato attraverso il cibo. Oppure, quando ci si trasferisce in un’altra città, ad es. per lavoro o per l’università, separandoci dalle nostre figure significative. Ogni qualvolta sentiamo un vuoto da difetto relazionale il cibo può diventarne il sostituto e l’alimentazione può alterarsi.
  • Nel caso, invece, di una rimozione io non posso permettermi quel vuoto e devo serrare la relazione; chiudo anche alla relazione col cibo. Ad esempio, questo accade quando, in seguito all’interruzione di una relazione, si tende a dimagrire. In momenti difficili della nostra vita (lutti, licenziamenti, stress, fine di un matrimonio, ecc.) in cui ci sentiamo soli e avvertiamo il “peso” di affrontare tali situazioni, possiamo chiuderci e separarci anche attraverso l’alimentazione dimagrendo.

Un eccesso nella relazione con la madre, invece, genera la difficoltà nel separarsi pienamente come individui e conserva una “dipendenza” nelle relazioni significative.

  • La persona ha un troppo da gestire, prova senso di colpa nel separarsi dall’altro e questo genera da un lato la rabbia per l’intrusione o l’invadenza dell’altro (“questo troppo non lo riesco a contenere”) e contemporaneamente l’incapacità di diventare indipendente, non potendomi svezzare. È, appunto, uno svezzamento mancato che lascia la persona in una posizione dipendente. Il cibo asseconda un quotidiano spesso vissuto come richiedente, bisognoso, “ingurgitante” e si tenta una separazione attraverso l’alimentazione, che ci protegge, ci gratifica, ci riempie, ma non è funzionale per distaccarci. Ad ogni tentativo di separazione non riuscito il cibo diventa un alleato che evita di farmi sentire la rabbia e la frustrazione.

Alimentazione e psicoterapia

I tanti fallimenti delle diete sono spesso sinonimo di un’emotività profonda, non consapevole. Indagare ed elaborare questi vissuti, attraverso l’aiuto di uno psicologo, permette di superare e trasformare ciò che ci impedisce di avere una sana relazione con il cibo e di condurre uno stile alimentare salutare, aumentando la nostra qualità della vita.

Spesso le persone con un alterato comportamento alimentare orientano la loro esistenza intorno a due tematiche centrali: il “corpo” e il “cibo“. Una psicoterapia attenta ai segnali del corpo (compresi quelli legati all’alimentazione) permette l’individuazione di questi vissuti emozionali, dando la possibilità di mutare e trasformare ciò che è disfunzionale, sino al raggiungimento di un meritato benessere psicofisico (“stare bene con se stessi e gli altri”). È, dunque, particolarmente importante affiancare alla figura del dietista o del nutrizionista anche quella di uno psicoterapeuta, utilizzando un approccio multidisciplinare per la conquista degli obiettivi prefissati insieme alla persona.

 

Bibliografia

  • De Bonis M. C., Pompei M., Come sarà il tuo bambino? Dal concepimento inizia a formarsi il carattere, Alpes, Roma 2015.
  • Ferri G., Cimini G., Psicopatologia e carattere, Alpes, Roma 2012.
  • Ferri G., Il corpo sa. Storie di psicoterapie in supervisione, Alpes, Roma 2017.
  • Ferri G., Il linguaggio dei tratti. Estratto dal Convegno S.I.A.R. “Ogni persona è una storia” del 26 Ottobre 2013, in “Psicoterapia analitica reichiana. Rivista semestrale della Società Italiana di Analisi Reichiana.”, 1, 2012.
  • Mannella M., Post-reichiani: intervista a Genovino Ferri, in “Psicoterapia analitica reichiana. Rivista semestrale della Società Italiana di Analisi Reichiana.”, 2, 2012.

 

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