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Corpo e Psicoterapia: l’Analisi Reichiana Contemporanea

Psicologo Psicoterapeuta - Analista Reichiano

di Luca Giordani


 

Negli anni 20 del 1900 Wilhelm Reich formulava le primissime ipotesi sull’esistenza di una relazione profonda e complessa tra lo psichico e il somatico e sull’opportunità di intervenire sulla psiche mediante il “corpo”. Reich si rese presto conto che il corpo è uno scrigno di informazioni e linguaggi per accedere all’inconscio e introdusse la corporeità come straordinario codice che fornisce informazioni sulle esperienze fondamentali della nostra vita e del nostro carattere, rimaste incise nel corpo (esperienze che sono contemporaneamente relazionali, cognitive, fisiche ed emotive). La Società Italiana di Analisi Reichiana (SIAR) ha continuato questo filone di pratica clinica, giungendo al nostro attuale modello di riferimento: l’Analisi Reichiana Contemporanea.

Il concetto di Reich di identità funzionale tra psiche e soma portò alla consapevolezza che nel corpo è incisa tutta la storia dei nostri vissuti ed emozioni e della nostra evoluzione. Da qui si è giunti a comprendere che vi era la necessità di interventi che non fossero solo psicologici e verbali, ma allargarli ad una visione unitaria e allo stesso tempo complessa, introducendo il corpo in tutta la sfera “psi”.

Dunque, perché una persona davanti a determinate situazioni reagisce con un’emozione di rabbia, mentre un’altra con estrema freddezza o calma?

Perché spesso non riusciamo a controllare l’ansia ed altri, invece, l’ansia non la conoscono affatto?

Molte persone riescono più facilmente a perdere peso, mentre altre lo fanno con maggiore difficoltà. Perché?

Siamo capaci di reagire ad un umore particolarmente triste?

E perché alcuni di noi sono molto impulsivi, mentre altri molto controllati?

Queste sono solo alcune delle domande che spesso capita di porci e le risposte sono da ricercare nella nostra personalità, nel nostro “carattere”.

 

Il Carattere

Cos’è il carattere? È il modo di essere”, come noi siamo per noi stessi e come noi siamo e appariamo agli altri. Consiste, dunque, in ciò che ci permette di essere nel mondo e che consente di esprimerci in esso, è quell’insieme di atti e comportamenti funzionali al sistema di riferimento e si forma mediante processi di imprinting che si verificano durante lo sviluppo di ognuno di noi.

Non ci riferiamo solo alla costituzione su base organica (biologica) o alla descrizione dei tratti derivati dallo sviluppo libidico e che sono modellati dalle relazioni del bambino con gli adulti di riferimento (psicanalisi), ma intendiamo “configurazioni personologiche stabili ed identificabili, soggette ai mutamenti che si verificano nel solco della freccia del tempo, per le separazioni imposte dagli eventi e dalle modalità del loro superamento, che si verificano in una determinata conformazione di scena” (Ferri, Cimini, 2012).

Cerchiamo di spiegarlo meglio.

Il carattere, letteralmente “segno inciso”, è quindi il modo di essere specifico di una persona, esprime il suo passato, la sua storia biologico-biografica, il suo incontro-scontro con il mondo, la storia delle sue relazioni oggettuali; ha la sua stratificazione temporale, una sostenibilità relazionale ed è l’insieme strutturato delle difese.

Il carattere, dunque, è il modo di agire tipico di un individuo, l’abito che presentiamo al mondo in ogni situazione e nella diversità tendiamo a replicare gli stessi schemi comportamentali e gli stessi atteggiamenti. Quante volte abbiamo esclamato “sempre a me capita!”? Quante volte ci comportiamo, pur sapendo di sbagliare, nello stesso modo? Questo vuol dire che, se un vissuto o una situazione tende a reiterarsi, è parte di noi.

Ad esempio, ci sono persone che alla fine di una relazione sentimentale difficilmente lasciano, oppure ci sono persone che non riescono a seguire una dieta, altri, invece, che non riescono a realizzarsi e ad esprimere pienamente se stessi. Tutto questo dipende dal carattere di ognuno di noi.

Il nostro Sé si forma nella relazione, dalla relazione ricava dei “segni incisi”. Il carattere, la personalità di ognuno di noi, è la somma dei segni incisi ed è, quindi, il risultato della nostra storia evolutiva. Introduciamo così una visione più ampia della formazione del carattere.

Dove risuona tutto questo, dove va a sedimentarsi, dove si incide un segno inciso? Nel corpo. Noi riteniamo che i livelli corporei reichiani siano i luoghi del corpo, che portano gli imprintings e i segni incisi dalle fasi evolutive che attraversiamo.

 

Fasi evolutive e livelli corporei

Vediamo quali sono le fasi che determinano il carattere:

  1. Fase intrauterina (6° livello addome)
  2. Fase oro-labiale (2° livello bocca)
  3. Fase muscolare (4° livello torace)
  4. Prima fase genito-oculare (3° livello collo, 5° livello diaframma)
  1. Seconda fase genito-oculare (7° livello bacino, 1° livello occhi)

La strutturazione del carattere inizia con la vita: la prima impressione (imprinting) determinante avviene già dalla fase intrauterina fino alla prima fase genito-oculare (uscita Edipica). Le impressioni successive, quelle della pubertà, della seconda fase genito-oculare, sono sicuramente importanti, ma non determinanti ulteriori imprinting e tratti di carattere. Dalla seconda fase genito-oculare si “riattualizzano” i segni incisi nelle fasi precedenti.

Ogni fase presuppone una separazione e un approdo alla fase successiva; le separazioni assumono, così, una valenza molto importante.

Le impressioni che formano il carattere vengono incise nel corpo (livelli corporei), nei sistemi centrali (aree cerebrali), nei sistemi periferici (sistema vegetativo e muscolare striato).

 

1. Fase intrauterina

Corrisponde al periodo della gravidanza, che è già un primissimo scambio biochimico, biologico, ma anche relazionale tra madre e piccolo. Il cordone ombelicale permette uno scambio bidirezionale di tipo biochimico, alimentare, relazionale.

6° livello: Addome

È nel sesto livello, quello addominale, che collochiamo la prima grande bocca, ovvero quella zona di alta risonanza delle fasi della vita intrauterina. Sia in senso fisico che funzionale, esso rappresenta uno dei livelli del nostro organismo dove sono state depositate le nostre memorie più arcaiche. È ormai chiaro che il nostro intestino è il nostro “secondo cervello”, proprio perché risponde a situazioni emotive che richiamano vissuti arcaici, antichissimi, che abbiamo interiorizzato durante lo scambio intrauterino.

Nella pancia ha luogo la digestione, l’assimilazione del cibo, ma vi si deposita anche l’ansia, il senso di vuoto e di privazione.

 

Il parto

Il parto, che è l’uscita dalla fase intrauterina, è una prima grande separazione nel divenire della vita e il “come” di questo primo grande passaggio determina il “come” dei nostri “parti successivi” (separazioni successive a valenza di nascita).

Un esempio può essere l’esordio di attacchi di panico nei giovani universitari che si verifica con l’inizio dell’università. Uno studente fuori-sede si ritrova in una grande città e non più nella sua base-sicura (casa e accudimento da parte delle figure primarie genitoriali) e il passaggio in questa nuova realtà e all’età adulta rappresenta un vissuto di separazione. Un altro esempio è il pensionamento che corrisponde ad un altro grande passaggio: abbandonare un ruolo che si è ricoperto per 35/40 anni.

Il come della prima grande separazione riverbera in tutte le separazioni successive.

 

2. Fase oro-labiale

Ha come confini il parto e la comparsa dei primi denti. Corrisponde, dunque, al periodo di allattamento.

Questa fase richiede nuove funzioni, come la respirazione, l’alimentazione per suzione ed il contatto epidermico. Se nella fase precedente il nutrimento avveniva mediante cordone ombelicale, in questa fase ci alimentiamo attraverso la bocca.

Nelle prime due fasi rimaniamo nel campo materno, sinonimo di accudimento, accoglienza, protezione.

2° livello: Bocca

il livello della bocca, include anche labbra, denti e mandibole.

In questo livello sono racchiuse tutte le tematiche orali, poiché la bocca diventa protagonista durante la fase dell’allattamento e successivamente in quella dello svezzamento. L’affettività, il bisogno, la dipendenza, la rabbia vengono espressi mediante il segmento orale e in questo distretto sono fissate tutte le più importanti esperienze intercorse durante la fase oro-labiale.

Nel trovare difficoltà ad aprire la bocca, a causa di denti serrati e mandibole irrigidite, spesso si comunica diffidenza, paura di essere invasi, si bloccano le emozioni, si cerca di evitare di far entrare dentro di sé qualsiasi cosa possa provenire dall’esterno. Le emozioni possono quindi essere facilmente bloccate da mandibole serrate, denti stretti e mento rigido e protruso in avanti. Forti cariche di rabbia possono trovarsi imprigionate in questo livello.

Tutto ciò può essere il risultato di una problematica vissuta in quella specifica fase (oro-labiale), fino a diventare un tratto di personalità.

 

Lo svezzamento

Con l’arrivo dello svezzamento si verifica la seconda grande separazione, che permette alla madre di svezzarsi e recuperare la sua piena dimensione di donna e al piccolo di svezzarsi ed approdare allo stadio successivo, quello della fase muscolare. Il vissuto durante lo svezzamento risuonerà in tutti gli “svezzamenti” futuri.

Osserviamo quanto, ad esempio, la relazione con il cibo sia primaria nella costruzione del carattere, soprattutto nelle prime fasi evolutive, e quanto lo scambio alimentare sia anche uno scambio relazionale: ecco perché per noi il cibo, sinonimo di relazione, assume una valenza considerevole (cibo = relazione).

3. Fase muscolare

Dalla nascita dei dentini (chiaro segno evolutivo di passaggio di fase) si protrae fino all’erotizzazione genitale.

Anche in questa fase si modifica la struttura delle funzioni bio-relazionali del piccolo: l’alimentazione per masticazione, la prensione, la stazione eretta, l’acquisizione della deambulazione e del controllo sfinterico, l’evoluzione del pensiero e del linguaggio. Inizia il processo di individuazione dell’Io.

Vi è, dunque, la dominanza del controllo volontario ed è per questo che la definiamo “muscolare”.

Dalla posizione dipendente delle prime fasi, si entra nel campo della famiglia.

4° livello: Torace

Nel quarto livello c’è il torace, con tutti i muscoli ad esso collegati, le braccia e le mani.

Nella cassa toracica è contenuto il cuore, che è l’organo che irrora il sangue a tutto il corpo e al quale viene attribuita un’identità vitale. Nel cuore dimorano emozioni molto profonde, che possono essere trattenute, ingabbiate, respinte o congelate. Sono incluse in questo livello anche le braccia e le mani e grazie a questi possiamo toccare, accarezzare, prendere, afferrare o lasciare.

Sulle spalle si portano i pesi, si sopportano e si sorreggono metaforicamente i fardelli che abbiamo deciso, più o meno coscientemente, di caricare su noi stessi. Nel quarto livello risiedono, pertanto, evidenti tematiche masochistiche, oltre la paura e la rabbia che possono trovarsi rinchiuse tra le scapole.

Le spalle possono presentarsi ricurve, evidenziando sottomissione o rassegnazione. Il torace custodisce inoltre i polmoni, che ci permettono di respirare. Possiamo avere dei toraci sgonfi, depressi, chiusi, che quindi non ci consentono di prendere aria, di inspirare, e non riusciamo a riempirli perché l’energia è insufficiente. Oppure possiamo possedere toraci carichi e dilatati, e non riuscire quindi ad arrenderci all’espirazione, trattenendo e ingabbiando l’aria e le emozioni all’interno di essi.

 

4. Prima fase genito-oculare (competizione fallica, complesso di edipo, periodo di latenza)

Questa fase comincia con l’avvento di una prima erotizzazione genitale che si manifesta nel complesso gioco di attrazioni e rivalità che ora viene a trasformare le dinamiche relazionali all’interno della famiglia di cui il piccolo o la piccola sono parte.

In questo periodo il piccolo abita il triangolo e la sua affettività è intessuta di movimenti contrastanti di attrazione e rivalità, di slanci passionali, di sensi di colpa, di timore di escludere o di essere escluso, non è più possibile per lui sistemarsi pacificamente nella simbiosi duale, perché voler instaurare una relazione privilegiata con uno dei due genitori significa voler escludere l’altro.

Il piccolo e gli adulti che gli sono vicini devono cercare di realizzare un nuovo equilibrio. Qui sono implicati particolarmente il 3° livello Collo e il 5° livello Diaframma.

3° livello: Collo

Nella gola si bloccano le emozioni che provengono dalla pancia e dal cuore.

Nel collo sono contenute le tematiche narcisistiche, l’immagine di sé che si esprime nel mondo e il modo di percepire il proprio Io, che si sedimenta attraverso la prima fase genito-oculare in cui viviamo il confronto con il genitore dello stesso sesso.

A seconda della postura che il collo assume si possono mostrare aspetti diversi di sé, a volte anche contrapposti tra loro, come sottomissione, obbedienza e rispetto oppure dominio, ribellione e orgoglio.

Un collo può irrigidirsi per la paura di lasciarsi andare, per la difficoltà ad abbandonarsi, e può diventare una barriera che separa la testa dal resto del corpo. In questo modo le emozioni vengono interrotte e non scorrono a causa dei blocchi presenti nell’intero livello, con ciò che ne consegue.

Il collo è pertanto un livello di congiunzione, che può unire o separare, che porta in sé un bagaglio di emozioni, blocchi, tensioni, e possibilità di movimenti per lo sviluppo e l’integrità dell’individuo.

5° livello: diaframma

Al quinto livello si posizionano il diaframma e la parte inferiore dello sterno, il plesso solare e tutti gli organi connessi a tale distretto. Il diaframma può interrompere il respiro, relegarlo esclusivamente nella parte superiore toracica, controllando, bloccando e reprimendo così qualsiasi emozione.

Durante una normale inspirazione la cupola del diaframma si sposta verso il basso di circa 1,5 cm, mentre nella massima inspirazione può arrivare a spostarsi anche di 5 cm. Simultaneamente, la gabbia toracica si innalza e si espande, per cui lo spostamento causato dal diaframma si rifletterà in parte sull’addome e in parte sul torace. Esso può, dunque, diventare una vera e propria barriera tra la parte superiore, dove ci sono il cuore (sentimenti) e la gola (che trattiene gli impulsi), e i desideri provenienti dalla parte inferiore più istintuale, dove prendono forma l’intensità e il piacere.

Ma il diaframma può essere invece un collante tra i livelli istintuali profondi (addome e genitali) e i livelli di controllo come il torace, il collo e gli occhi (occhi = campo di coscienza). Un blocco diaframmatico induce al silenziamento degli istinti.

 

5. Seconda fase genito-oculare

Con la pubertà entriamo nella “seconda fase genito-oculare”; questo apre una destrutturazione del precedente equilibrio, il giovane ora si sposta fuori dal campo famiglia e si colloca sempre più nel campo sociale.

La maturità può essere descritta come possibilità di relazionarsi con gli altri avendo piena coscienza del proprio Sé che potrà esprimersi anche nella pienezza genitale della sessualità (7° livello bacino).

Si fa, inoltre, più forte e ampia la consapevolezza di Sé (1° livello occhi).

7° livello: bacino

Il settimo livello, quello del bacino-gambe, comprende anche i genitali, le gambe e i piedi.

Un blocco del bacino e della zona pelvica, in concomitanza al blocco degli altri livelli, riduce e di frequente arresta la scarica vitale della sessualità.

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Inoltre, il radicamento, la stabilità, l’equilibrio e la fiducia nella vita, sono altresì condizioni e stati che trovano luogo nelle gambe e nella loro solidità, e nel contatto con la terra che avviene attraverso i piedi e la loro aderenza alla stessa.

1° livello: occhi

Gli occhi sono livello privilegiato per il contatto con la realtà.

Un individuo attraverso i propri occhi e il proprio sguardo comunica qual è il suo livello di coscienza, con quale profondità e con quanta lucidità osserva e interagisce con il mondo che lo circonda.

Gli occhi possono trasmettere luce, profondità, calma, serenità, bontà, attenzione, stupore, desiderio, oppure malizia, spavento, fuga, agitazione, mistero, assenza, impenetrabilità, inquietudine, cattiveria, smarrimento.

Attraverso questo primo livello corporeo si comunicano una vastissima gamma di emozioni o sentimenti; lo sguardo fa comparire la presenza dell’altro e mostra la nostra presenza agli occhi dell’altro.

 

Psicoterapia Reichiana

Il corpo è la sede del nostro mondo inconscio ed è spesso sinonimo di un’emotività profonda non consapevole. Leggere ed elaborare i segnali corporei, attraverso un percorso psicoterapeutico ad orientamento Reichiano, permette di superare e trasformare ciò che è all’origine di un sintomo, cogliendone il significato nascosto.

Scindere la dimensione somatica da quella mentale, induce una disconnessione tra corpo e anima! Corpo e mente, lo abbiamo visto, sono inter-connessi, e rifiutare il corpo, vuol dire rifiutare una parte di noi. Significa creare una spaccatura tra istinto, emozioni, razionalità e agito, movimento e sentire.

Il nostro sentire emozionale avviene mediante il corpo e se lo rifiutiamo e lo escludiamo creiamo uno scudo, quasi come ad osservarci attraverso uno specchio appannato! Non riusciamo a conoscerci veramente, non comprendiamo interamente i nostri tratti caratteriali e questo non ci permette di essere davvero ciò che desideriamo essere.

Nostro obiettivo è, dunque, reintrodurre nuovamente il corpo, far fluire nuovamente la nostra energia vitale, aumentando la nostra consapevolezza e l’attenzione sulle nostre emozioni. L’emozione è l’evento psicosomatico per eccellenza dove mente e corpo si incontrano: pensiamo per esempio alla paura, al disgusto, alla rabbia o alla tristezza.

Leggere e ricontattare il corpo su tutti i livelli è quanto ci fissiamo come obiettivo: in psicoterapia, laddove il corpo è uno scrigno importantissimo di informazioni sulla storia e sui vissuti di ognuno di noi, in medicina, poiché una terapia farmacologica agisce sul corpo e quindi sulla mente, nel sociale, dato che una carezza, un abbraccio, un gesto di approvazione sono più potenti di qualunque medicinale.

 

Bibliografia

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–          Ferri G., Mente incarnata, mente enattiva, mente di tratto, in “Psicoterapia analitica reichiana. Rivista semestrale della Società Italiana di Analisi Reichiana.”, 1, 2016.

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–          Mannella M., Wilhelm Reich: il dramma e il genio. Una lettura analitica post-reichiana, Alpes, Roma 2014.

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–          Reich W., Analisi del carattere, SugarCo Edizioni, Milano 1994.

–          Sensale N., Intervista a Genovino Ferri, in “Psicoterapia analitica reichiana. Rivista semestrale della Società Italiana di Analisi Reichiana.”, 1, 2014.

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